sabato 25 gennaio 2020

Passione, Where Are You?


PASSIONE, WHERE ARE YOU?




di Francesca Amidei

A nord di Roma, nella segreteria di un circoletto underground, si parla del tempo che fu. Generazioni a confronto che ricordano infanzie passate. Tempi in cui la tecnologia nasceva, ma non aveva ancora tolto spazio alla creatività. Le naturali bravate venivano condivise live con gli amici di turno, non contaminate dalla spasmodica ricerca del like.

Sicuro godevamo di più libertà, scuola a parte, rispetto alla odierna tendenza dei pomeriggi programmati. Sceglievamo un solo sport, nel nostro caso il tennis, e facevamo carte false per prolungare la permanenza sul campo ben oltre il termine dell'allenamento. Capace che dovevamo aspettare anche un paio d'ore e palleggiare nei campetti con i bimbi del mini tennis. Ma eravamo disposti a tutto pur di ottenere un campo per finire il match, iniziato quando batteva ancora il sole.

Sulla terra rossa l'ossessione per lo studio non ci sfiorava. A quello pensavamo una volta sull'autobus. Eh si, usavamo questi strani cassoni su ruote. C'era consentito di camminare e andavamo persino a scuola con il borsone. Tempi in cui, i parcheggi dei circoli, non erano intasati da mostruosi suv.

Il tennis era la nostra passione. Sapevamo che non saremmo diventati dei tennisti, ma avevamo il permesso di sognarlo. A modo nostro ci abbiamo provato. Ognuno con i propri mezzi, qualche match indimenticabile da narrare e quelle trasferte al nord più forgianti di duecento giorni di scuola. Siamo all'inizio di un nuovo decennio in cui, se chiedi a un tredicenne cosa desidera fare da grande, risponde, con lo sguardo vuoto fisso sulle sue stringhe, il dirigente in banca.

La società del denaro da noi generata, ha privato i ragazzi del diritto di sognare. La passione viene sommersa dal turbine di attività che devono quotidianamente affrontare. Marchio di un benessere economico che prosciuga le emozioni. Menti in erba ingannate dal possedere beni materiali, che li derubano dal vivere vere esperienze. Apparecchi tecnologici bollati con una mela, comandati a voce, che prolungano la solitudine offrendo falsa compagnia.

Sarebbe bello ritrovare la semplicità almeno nello sport, nel tennis. Si ammazzava il tempo insieme, eravamo tutti lì nell' attesa di scendere in campo per giocare il nostro match di torneo. Guardavamo le partite degli altri, tifando gli amici e applaudendo i bei colpi dei loro avversari. Avevamo la competizione nel sangue, alimentata da panini al prosciutto e dai mitici succhini. Di racchetta ne bastava una, se rompevi te la prestavano (oggi il regolamento lo vieta).

La passione era il collante che teneva insieme giornate come queste. Lei promuoveva esperienze e ci dava la spinta per superare una sconfitta. Nel 2020 sembra impossibile vedere quel luccichio negli occhi di un ragazzo che mai, si sognerebbe di tornare a casa e trasformare la propria camera nel Philippe Chatrier, con i cuscini del divano al posto della rete.

PASSIONE, what happened to you?

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