di Francesca
Amidei
Da sempre i modi per ottenere il punto sono essenzialmente tre:
il colpo vincente, l'errore procurato all'avversario e l'errore gratuito,
quando si sbaglia da soli. Una partita di qualità tra professionisti viene
valutata dall'esatto equilibrio di questi tre fattori. Solo quando si rompe
questo equilibrio e le situazioni vincenti si avvicinano al 40% si tratta di
super tennis.
Del resto
nelle categorie agonistiche l'errore gratuito è il fattore che maggiormente si
manifesta così come se prendiamo in esame una partita tra giocatori under dove
di rado una pallina, dopo aver rimbalzato in campo, prosegue la sua corsa
indisturbata senza essere intercettata dalla racchetta nemica.
Ciò
significa che mettere a segno un colpo vincente richiede un sofisticato
mix di tecnica, potenza e precisione. Inoltre per non ridurre questo gesto
fugace a una mera meccanica esecutiva, dobbiamo includere una componente
emozionale che il più delle volte decelera il braccio rubando fluidità al
colpo. Questo fa si che i due contendenti invece di picchiare la palla si
limitano ad appoggiarla dall'altra parte usurando la fascia centrale di campo,
come schermitori che si muovono avanti e dietro all'unisono sulla pedana senza
affondare mai la spada.
Da questa
breve analisi si evince che fino ad un certo livello il mantra che aleggia sui
campi nostrani è chi meno sbaglia, vince . Eppure nonostante la rarità, al
colpo vincente non gli viene riservato il giusto tributo, anzi il più delle
volte tende a innervosire oltre misura chi lo subisce. Un atteggiamento di
nervosismo di fronte a una prelibatezza tecnica è sintomo di scarsa capacità
critica, frutto di una società avara di complimenti.
La realtà è
che il colpo vincente ci rende impotenti. Tolleriamo di poter tirare fuori o a
rete perché almeno siamo riusciti a intuire le intenzioni del nostro
avversario, al contrario, vedere la palla che ci sfila davanti senza la
possibilità di toccarla fa azionare in noi la paura di essere vulnerabili.
L'errore
procurato è il tassello che eviterà l'estinzione della parola "bravo"
dal linguaggio tecnico del tennista. Infatti ha il compito di mediare tra
l'errore gratuito e il colpo vincente, come una sorta di compromesso che ci
dona la giusta serenità per rivolgere un complimento a chi ha scagliato con
forza e precisione quella palla vicino alla riga perché, arrivare a colpirla,
alimenta in noi la speranza di trovare il modo per reagire alle pallate
nemiche.
Si è sempre
detto che il tennis è come la vita eppure questa affermazione è tradita da una
sostanziale differenza: in un caso amiamo le persone che ci stupiscono,
nell'altro odiamo i giocatori che ci sorprendono.
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