di Francesca Amidei
Novantanove variabili imprevedibili. Il tennis è una jungla di
esecuzioni tecniche, stati d'animo, imprevisti da affrontare che richiedono
un'eccellente prontezza di reazione.
Da 0 a 100 in 2,5 secondi, come l'auto più veloce sul mercato.
La capacità di raggiungere grandi velocità in poco tempo ovvero di innalzare i
giri del nostro gioco quando il battito cardiaco sale, senza perdere il punto
di corda della curva.
Questa è la sottile ma essenziale differenza, tra l'appassionato e l'agonista.
Però bisogna andare per gradi. Nel senso che non possiamo
passare dal guidare una macchinetta a una Ferrari, senza aver fatto degli step
intermedi. È un lungo ma straordinario processo di apprendimento, che ci
porterà in primis a sfidare noi stessi e, solo in seguito, l'avversario di
turno.
Il primo passaggio è dal tennis sociale a quello amatoriale. Il
socio è colui che ogni fine settimana si esibisce in partite epocali, contro lo
stesso partner, a un orario predefinito e sempre nello stesso habitat. Una
sorta di routine domenicale, che si sposa alla perfezione con la vita
schedulata di questa società. Ma il tennis è tutt'altro che uno sport banale e
chi si innamora di lui, scavallerà al secondo step, provando il brivido di
competere altrove.
Il tennis amatoriale ti costringe ad uscire dal nido, con una
successione di match dai punteggi abbreviati, in orari casuali che richiedono
una disponibilità variabile. E qui possiamo cominciare a parlare di gioco e di
situazioni. Iniziare a capire che rapporto abbiamo con la tensione, con la
paura e la gestione della partita. Se riusciamo nei punti clou a passare da
zero a cinquanta, il cento è riservato ai giocatori, cioè sbagliare poco o
azzardare un colpo vincente. Tradotto vuol dire fare la differenza quando ci si
gioca qualcosa di importante tipo un game o un set, e non un anonimo quindici.
Arriviamo così alla jungla del tennis, l'agonismo. Qui bisogna
essere sensibili e capire quale è il momento giusto per spingere
sull'acceleratore per allungare, in termini di game, sull'avversario. Però
facciamo un attimo un passo indietro. La prima qualità che deve possedere un
giocatore è stabilizzare il proprio livello di gioco. Al di là del momento di
flow, esperienza ottimale, bisogna assestarsi ad un livello di tennis sotto il
quale non si scende, anche nelle giornate storte, una sorta di sei scolastico
su cui fare sempre affidamento.
Acquisito questo aspetto, per diventare un Giocatore con la
"G" maiuscola, bisogna saper mettere a segno i colpi migliori nei
punti decisivi. Da zero a cento in due virgola cinque secondi. Per cogliere
l'attimo e convertire a nostro favore una rara palla break, per tenere il
servizio o concretizzare un match point.
E per ironia della sorte, uno dei modi più efficace per allenare
la mente a giocare sotto pressione, si chiama proprio FORMULA UNO.
Il formula uno è un format ideato da un maestro nostrano.
Ci si gioca tutto su un set, margine di errore minimo. In palio la lezione
gratis se l'allievo riesce a strappare un game. Non sono ammesse distrazioni. E
quando ci si trova sul 40 pari o peggio palla game per l'altro, bisogna
schiacciare sull'acceleratore e affrontare la curva...
Da zero a cento. Un duplice significato che racchiude l'essenza
del tennis. Una miscela di variabili impreviste da affrontare in ogni singolo
match, che ci scardinano dal piattume quotidiano. E un battito di ciglia per
raggiungere la massima prestazione, qui e ora, senza passato o futuro.
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