lunedì 25 luglio 2016

Neverland

NEVERLAND




di Francesca Amidei

Lì in fondo al boschetto con il sole a picco ed un silenzio tale che ti permette di ascoltare i tuoi pensieri, c'è il campo sei. La leggenda narra che tutti i maestri che vanno a lavorare sull' isola che non c'è, tranne quelli speciali, devono fare almeno un turno in quello che è stato rinominato dai più the hell's court. Ciò che fa veramente paura nel campo dell' inferno non è il caldo ma la solitudine. 

Dopo anni passati a parlare con noi stessi nel bel mezzo di quel deserto rosso delimitato da righe bianche chiodate che ci danno un falso senso di finito, abbiamo l' occasione di lavorare in un susseguirsi di campi dove tutto procede con la stessa naturalezza con cui gli ottoni si alternano agli archi. Respiriamo un' aria nuova e percepiamo che qui, depurati dalla nostra routine, sta accadendo qualcosa di diverso che inebria le nostre menti fino a restituirci quella passione primordiale che ci ha spinto anni addietro a scegliere l' arte dell' insegnamento del tennis. 

Siamo sopraffatti dalla stanchezza psicofisica, perché quella c'è e si  sente, eppure stiamo in campo giorno dopo giorno con un sorrisetto perpetuo dipinto sul volto che, inevitabilmente, smentisce la nostra proclamata impazienza di tornare al mondo reale. È come se camminassimo per sei giorni in bilico su un filo trasparente oscillando ad ogni passo senza cadere mai, tenuti in equilibrio dalla consapevolezza che in questa avventura non siamo soli.

CONDIVISIONE è questa la parola, il concetto che fatica a trovare concretezza nei nostri circoli. Eternamente sospeso tra la voglia di creare un team e l' umana paralizzante paura di fidarsi e affidarsi ad una o più persone con cui realizzare un progetto tennistico, di vita. Quindi condividere significa avere il coraggio di mettersi in gioco ed essere aperti ad un confronto quotidiano, e perché no anche allo scontro se necessario, con colleghi - soci - amici con cui viviamo in simbiosi giorno dopo giorno.

Queste poche righe dipingono un luogo reale a tinte chiare ma vivaci e per quanto ci possa sembrare solo un' utopia, come scrive Edoardo Bennato nella sua celebre canzone, non dobbiamo mai smettere di lottare per costruire la nostra isola che non c'è.


"E non è un' invenzione e neanche un gioco di parole se ci credi ti basta perché poi la strada la trovi da te..."