di Francesca Amidei
Il motivo per cui giochiamo a tennis, è che non
vogliamo dividere con gli altri i meriti di una vittoria. Siamo delle
"prime donne", che sfilano su un terroso tappeto rosso in cerca di
gloria. La scelta di uno sport individuale è pure una questione di carattere.
La follia e l'estrema timidezza non vengono accolte di buon grado in uno
spogliatoio, che ricerca un suo equilibrio interno.
Il tennis ci permette di esprimere chi siamo, e questo
può essere anche un rischio. Perché per raggiungere quella cosiddetta gloria,
bisogna limare gli aspetti non proficui del nostro carattere. In parole
semplici se siamo nei guai, sportivamente parlando, nessuno al di fuori di noi
ci potrà tirare fuori.
Questa è la sfida più difficile da vincere, se abbiamo
scelto di scendere in campo da soli. Il vantaggio della solitudine è che ogni
decisione spetta a noi, e se il piano A non funziona, dobbiamo elaborare idee
nuove per cambiare. Questo significa avere fantasia e flessibilità.
Passare da una tipologia a un'altra di gioco richiede,
in primis, un accettazione mentale del nuovo stato. Se per vincere dobbiamo
stare in campo tre ore è necessario avere una predisposizione alla fatica, la
forza per non soccombere con il prolungarsi degli scambi.
E dal momento che dopo i quaranta una persona o si ama
o si odia, di sicuro non si cambia. È da pischelli che bisogna prendersi la
responsabilità di decidere se lottare o mollare. Un imprinting caratteriale che
ci accompagnerà nel vivere il tennis.
Sport violento e infinitamente romantico che mette a
nudo, pregi e difetti, di ognuno di noi. Si discosta dall'immagine di
perfezione che ci regala un parco assolato pieno di margherite e coriandoli,
tipico di un febbraio anomalo. Siamo portati, nello srotolarsi degli anni, a
una progressiva metamorfosi umana e tecnica dettata dal tempo.
Si può anche sviluppare un tipo di gioco, e portarlo
avanti per tutta la nostra vita tennistica. Rifiutarsi di apportare qualsiasi
miglioria, novità, evoluzione tattica e, probabilmente, vincere o perdere in fotocopia
gli stessi match. Strutturare il nostro tennis vuol dire sopprimere al minimo
la possibilità di scelta e, dare un calcio netto, alla produzione di nuove
soluzioni.
Questo significa sopravvivere al tennis, ma non viverlo
nella completezza delle sue sfumature. Provare delle singole esperienze
esaltanti sfuggendo, allo stesso tempo, alla pienezza della sua quotidianità.
Come sentirsi felici durante un viaggio, per poi appiattirsi, una volta tornati
a casa. E crogiolarsi nell'illusione di aver espresso noi stessi, senza aver
mai osato giocare, quello strettino che ci stava tanto a cuore.
"...E con le idee puoi cambiare il mondo... Ma il mondo non cambia
spesso. Allora la tua rivoluzione sarà cambiare te stesso..."
- Mannarino -