martedì 28 marzo 2017

L'unicità dei multipli

L’ UNICITA’ DEI MULTIPLI




di Francesca Amidei

Il tennis propone una serie di canoni tecnici da rispettare per eseguire correttamente dei gesti motori complessi meglio noti come dritto, rovescio e servizio. L'apprendimento per imitazione è un ottimo strumento per imparare che sviluppiamo fin da bambini, quindi lodiamo il web e le moderne tecnologie che ci permettono di osservare nei minimi dettagli le gesta pure e armoniose dei mostri sacri della racchetta. Ogni tennista però è unico e irripetibile con il proprio patrimonio genetico e culturale che determina la sua idea di tennis volta ad esaltarne le capacità motorie e mentali che lo identificano in primis come persona e poi come atleta.

Possiamo sposare lo stile spagnoleggiante ricco di top spin e passione contrapposto al tennis dell'est tutto d'anticipo con traiettorie ficcanti e sguardi impassibili fino ad arrivare alla tradizione a stelle strisce caratterizzata da forza e grinta con dritti e servizi che raggiungono velocità quasi illegali sui campi veloci. Queste caratteristiche standardizzate ci permettono di etichettare uno sport apparentemente lineare ma che cela al suo interno un cuore mutevole dove si intersecano qualità come fantasia, imprevedibilità, creatività in un mix tra tecnica e personalità che esalta l'unicità dei multipli.


“Tocca al maestro trovare non la via stessa
che porta alla meta,
ma la forma di quella via
rispondente al carattere particolare dell’allievo
e assumersene la responsabilità.”

- Eugen Herrigel -


Il modo in cui stiamo in campo, come impugniamo la racchetta, la fluidità del gesto tecnico, gli angoli che cerchiamo tracciano un identikit ben preciso di noi stessi. Un allenatore o come dice più correttamente Herrigel un maestro, deve saper andare oltre la tecnica al di là delle apparenze per decodificare il tennis dell'allievo che silenziosamente comunica le sue paure, ansie e la visione spesso irreale di sé. Esaltare l'individualità del singolo attraverso un metodo di allenamento condiviso in cui il giocatore percepisce di essere sempre al centro del progetto guidato dal coach verso la scoperta del suo tennis, come un sarto che a ogni prova cuce e adatta l'abito addosso allo sposo.


Per riuscire a fare ciò dobbiamo abbandonare l'idea che esista un metodo universale di insegnamento e spingerci oltre alla scoperta dell'altro. E allora ecco che dobbiamo mettere da parte le nozioni tecnico-tattiche apprese sul campo o lette sui tomi tennistici e rispolverare qualità come sensibilità e intuizione insite in noi stessi per cogliere la bellezza della diversità, perché in fondo non siamo altro che tanti omini colorati su un banale sfondo bianco.