domenica 27 dicembre 2015

La Consapevolezza di Essere...

LA CONSAPEVOLEZZA DI ESSERE...





di Francesca Amidei

Nella società odierna in cui fama e ricchezza sono le due parole chiave intorno alle quali ruota l' esistenza e la felicità umana, è un onore e un piacere poter ammirare sul Centre Court di Wimbledon il talento cristallino di Dustin Brown, anni luce lontano da quelle "macchine umane" che impersonificano il tennista moderno.

Tutti noi amiamo vedere un tennis spumeggiante ricco di discese a rete, drop, stop volley e vere e proprie magie difficili anche solo da immaginare. Eppure al termine di un match esaltante nel tempio del tennis mondiale, che ha visto il tennista tedesco di origine jamaicana sconfiggere in quattro set di "pura follia" Rafael Nadal, ci siamo domandati: perché un giocatore con questo talento non si dedica seriamente e totalmente al tennis? Perché non gioca con più assiduità nel circuito maggiore? E soprattutto, perché non ambisce ad occupare una posizione stabile nei primi 100 giocatori del mondo?

La risposta è molto semplice ma al tempo stesso di difficile comprensione per chi come noi è guidato dal Dio denaro e non riesce socialmente ad accettare l' idea di giocare a livello professionistico per il puro gusto di divertirsi e divertire. Questa strofa tratta dalla canzone "Tanti anni fa" di Brusco riassume e sottolinea i dettami su cui si fonda la nostra società:


"Un giorno diranno tanti anni fa com' era messa male l' umanità. La gente era strana non sorrideva, piangeva e correva di qua e di là. I figli diranno ma è vero papà che avevano il denaro come divinità? La gente era matta perché aveva il terrore di amare e provare felicità..."


Dustin Brown per competere con continuità nel circuito ATP dovrebbe snaturare il suo tennis e omologarsi alla ripetitività dei colpi sulla sfiancante terra rossa dove la parola chiave per vincere è solidità e non fantasia. Adattarsi ai ritmi frenetici dei campi veloci dove le discese a rete sono sempre più un lontano ricordo a causa delle "turbo risposte" che riducono il tempo di uscita dal servizio ad un battito di ciglia. 

Allora limitiamoci ad ammirare in silenzio la sua arte sui verdi campi londinesi e interroghiamoci se c'è una parte di noi stessi che abbiamo deciso di chiudere a chiave in un cassetto impedendogli di scendere in campo, solo per vincere nell' immediato qualche match in più. Ma poi inevitabilmente con il passare del tempo percepiamo, consciamente o inconsciamente, che sarebbe stato meglio avere un paio di classifiche in meno e aver avuto
la consapevolezza di essere! 

domenica 20 dicembre 2015

Road To Success

ROAD TO SUCCESS: DA FLAVIA A PENNETTA





di Francesca Amidei


"Credo che mi mancheranno le altre giocatrici che in certo senso in questi anni sono state la mia famiglia. Ci conosciamo tutte da così tanto tempo. E non importa se con qualcuna parli o sei più amica rispetto a qualcun altra: ogni settimana incroci le stesse facce, le stesse persone. Certo alcune le rivedrò, ma non sarà la stessa cosa. Credo però che mi mancherà anche la competizione: quando entri in campo, soprattutto se è un centrale, provi qualcosa di davvero speciale. E non credo che proverò mai più qualcosa del genere. D' altro canto sono davvero felice di cominciare un' altra parte della mia vita.
La cosa che mi rende più orgogliosa? Essere riuscita ad essere forte, sempre. Ho avuto molti infortuni e ho dovuto ricominciare da zero diverse volte. Io penso che questa sia una cosa molto importante. Riuscire a ripartire ogni volta e ritrovare sempre la giusta forza mentale."

Queste sono le parole con cui Flavia Pennetta, al termine del match perso contro una sontuosa Maria Sharapova alle Wta Finals di Singapore, ha detto addio al tennis che conta. Ma riavvolgiamo il nastro e vediamo quali sono stati i tre momenti più salienti di una carriera durata 15 anni, che hanno portato Flavia da Brindisi a New York:

Uno - Il 17 Agosto del 2009 è stata la prima tennista italiana ad essere riuscita ad entrare nelle top ten della classifica mondiale WTA Tour, inanellando una serie positiva di 15 vittorie consecutive.

Due - È stata la prima italiana in assoluto ad aver raggiunto la posizione n°1 del mondo in doppio nel febbraio 2011, vincendo in tutto 17 tornei WTA tra cui anche gli Australian  Open ed i WTA Tour Championships a Doha.

Tre - Il 12 Settembre 2015 sale sulla vetta del mondo, conquistandosi la prima pagina di tutti i quotidiani italiani ed esteri, vincendo gli Us Open e raggiungendo la posizione numero sei del ranking.

Forse a queste poche righe non servirebbe aggiungere altro se non qualche frase ad effetto del tipo "Grazie Flavia" o "Flavia Superstar". Ma così facendo si ometterebbe la parte più importante di questo fantastico viaggio verso il successo fatto di infortuni, sofferenza, fatica e dolore che hanno forgiato la tennista nostrana fino a farla diventare Donna. Eh si, perché è la stessa Flavia nella sua ultima conferenza stampa a dirci che ciò che la rende veramente orgogliosa dopo tutti questi anni, è la capacità di essere riuscita ad essere forte sempre. 

All' età di 33 anni diventando la tennista più longeva nella storia del tennis mondiale ad aggiudicarsi per la prima volta in carriera uno Slam, sa benissimo che la capacità di saper aspettare quel momento è ciò che lo renderà eterno. L' attesa ci può uccidere o fortificare e Flavia, dal quel Us open del 2012 dove non poté partecipare per un infortunio che la costrinse ad un lungo stop con conseguente operazione allo scafo lunare del polso destro  nella clinica di Barcellona, ha deciso di non mettere la parola "FINE" alla sua storia ma di riscriverla da capo con un finale da favola.

Nelle successive tre stagioni, Flavia sarebbe diventata la Pennetta con la vittoria ad Indian Wells, la storica vittoria agli Us Open, il best ranking e l' addio al tennis.


Ora si che si può scrivere: "GRAZIE CAMPIONESSA"