di Francesca
Amidei
Il tempo scorre inesorabile come l’acqua e niente può
arrestare la sua corsa. I sassi sul letto del fiume, i novanta secondi di pausa
dopo ogni gioco dispari sono solo degli accorgimenti naturali e umani per poter
regolare un moto perpetuo scandito dall’alternarsi del sole con la luna.
Tutta la nostra esistenza viene divisa in fasi,
dall’infanzia all’età adulta, passando attraverso il dramma adolescenziale e
ognuna è contenuta nell’altra come in una matrioska. Se un pezzo manca il gioco
va avanti ma perde la sua magia primordiale perché quel periodo che non abbiamo
vissuto nel tentativo maldestro di ingannare il tempo prima o poi tornerà,
alterando il nostro continuum.
C’è un tempo per vincere e c’è un tempo per perdere,
l’uno prescinde dall’altro. La gioia per una vittoria non sarebbe tale se non
si è prima conosciuta la sconfitta ed entrambi sono indispensabili per comporre
il mosaico della nostra vita tennistica. Un giocatore levigato sa che è in
continua trasformazione tra picchi prestativi, flessioni fisiologiche, momenti
di stallo ma la vera abilità risiede nel cogliere l’attimo in cui questo
passaggio avviene per accorgersi che la nostra zona di comfort del passato è
diventata nel presente una prigione.
Sfruttare ogni istante sul campo per colpire la pallina
sempre più forte mossi dall’umano desiderio di spingersi oltre, perché in fondo
l’agonista vive di obiettivi da raggiungere e nuovi stimoli da inseguire. Un
percorso lineare in cui farsi strada all’insegna del sacrificio e
dell’allenamento per costruire negli anni quella classifica che ci dona
un’identità tennistica, etichettandoci come giocatori di medio o alto livello.
Il rischio però è di finire fuori strada alla prima curva quando nel momento
decisivo del match eseguiamo il nostro schema che tanti punti ci ha regalato
ma, per quanto il kick salta e il dritto ricade lì preciso nell’angolo, non
riusciamo più a conquistare un quindici……
Arenarsi a un tempo remoto nell’ostinata ricerca di una
soluzione tecnica, tattica o perfino fisica per restituire al nostro tennis
quell’efficacia di cui è stato privato. Ma navighiamo alla cieca perché non
vogliamo aprire gi occhi verso una realtà in perenne mutazione che non guarda
indietro ma ci proietta verso un nuovo presente che pretende continui
adattamenti per non finire nel pantano frustante della routine. Esempi lampanti
nel nostro sport ne abbiamo da Federer a Nadal che per tornare competitivi
hanno apportato delle sostanziali modifiche tecnico-tattiche al loro gioco
adattandosi ai tempi che corrono, desatellizzandosi da quel tennis che tempo
addietro li aveva portati alla ribalta mondiale.
Il tempo scorre, possiamo decidere di rincorrerlo
ancorati alle nostre illusive certezze o starci dentro sperimentando la
diversità del momento. Verrà il giorno in cui il back ci darà più punti del
top, lo slice sarà più ficcante del kick e allora dovremo scegliere se
raccontare una nuova vittoria o narrare il tempo che fu tra passato, presente e
futuro.
“L’acqua che tocchi dei fiumi è l’ultima di quelle
che andò e la prima di quella che viene. Così è il tempo presente.”
- Leonardo da Vinci -