di Francesca
Amidei
"Può sembrare incredibile da
dire, però è la verità: i tennisti sono dei perdenti. La maggior parte di loro
vengono sconfitti praticamente ogni settimana nella loro carriera, visto che in
ogni torneo c'è solo un vincitore. Solo un giocatore alza il trofeo, mentre il
resto dei tennisti deve far fronte alla sconfitta."
- Kelsey Anderson -
Dentro o fuori, vita o morte. Non esiste la seconda possibilità, la partita del riscatto che possa colmare quel vuoto quando, dopo la stretta di mano, il nostro torneo è finito. Il numero dei tennisti in gara si dimezza ogni "day" con l'assottigliarsi del tabellone che recita ottavi, quarti, semifinali, finale. Centoventotto iscritti, centoventisette perdenti e un solo vincitore.
Uno scenario
di pura follia per uno sport che non ammette mezze misure. Lo ami o lo odi, non
può banalmente solo piacere. Il tennis porta alla pazzia, quella vera, sospesi
per ore nel vuoto come appesi a una zipline con lo 0,78% di probabilità reale
di vincere il torneo. Il culmine adrenalinico si raggiunge nel tie-break tra
l'eccitazione di un match point e il terrore di un set point altrui da
annullare, per non cadere nel baratro del terzo set.
Un gioco
celebrare dove chi abbandona si consegna alla sconfitta. Ma vale anche
bluffare, sparire dal campo per qualche games tra pensieri poco ortodossi e
riapparire all'improvviso con un vincente che ha il dolce sapore della svolta.
Stravolgere la situazione nel punteggio e nell'anima del nostro alter ego
piombato in quella dimensione di impotenza che, pochi attimi prima, ci
apparteneva. Dettare i ritmi del gioco al fine di condizionare le sue scelte.
Cedere o
tenere testa. Essere succubi del tennis del nostro avversario o rispondere
colpo dopo colpo con schemi che si distinguono dal piattume tattico dei
consueti partner di gioco, per preservare la libertà di pensiero e di
esecuzione. Addomesticare la sconfitta, mantenere il focus su ciò che vogliamo
ottenere senza farci travolgere dagli eventi. È la regola madre del tennis
cioè, essere più forte di un unico giocatore alla volta. Ma da esseri umani
quali siamo ci viene facile cadere nel subdolo tranello di non accontentarci di
vincere ma di volere tutto, ovvero una ricerca spasmodica della massima
prestazione.
Le singole
vittorie arriveranno, alcune scontate da favoriti, altre più inaspettate di
quelle che svoltano la stagione. Eppure siamo lo stesso dei LOSER intenti,
settimana dopo settimana, a patteggiare con la sconfitta al fine di assorbirla
a livello intracellulare e incanalare quella sensazione di vuoto nella voglia
ardente di una nuova sfida.
Allora abbracciamo la sconfitta, consapevoli di convivere con lei per anni tra
compromessi e menzogne, in attesa di un inevitabile divorzio che ci farà
diventare dei winners.