giovedì 29 giugno 2017

Try Again

TRY AGAIN




di Francesca Amidei

Il tennista è un eterno sognatore con un indole folle che oscilla tra euforia e depressione. Un incurabile ottimista che conserva intatti nella memoria a lungo termine i ricordi più preziosi delle infinite battaglie giocate, emozioni correlate come gioia o dolore riaffioreranno in noi quando penseremo al tempo che fu.

In uno sport in cui l' unico epilogo possibile è vincere o perdere dobbiamo riflettere a fondo sul rapporto che abbiamo con la sconfitta. Sia chiaro che rosicare è lecito. Immaginiamo al termine di una partita durata ore e persa al terzo set nel caldo estivo capitolino dove il campo prende le sembianze del deserto del Sahara e le persone sane di mente, con la colonnina di mercurio che non si schioda dai 38° centigradi, trovano ristoro in habitat che più si addicono alle caratteristiche umane come piscine o spiagge.

Lo storytelling di un match, la sua narrazione, è dunque qualcosa di unico. Un intenso scorcio di vita che non può essere banalmente riassunto con uno sbrigativo e asettico "ho giocato male" se il numero 6 é scritto in una sequenza tale che viene accostato al cognome del nostro avversario. Consideriamo la sconfitta un fallimento, alle volte umano nella maggior parte dei casi tecnico, ma dobbiamo vedere oltre il risultato tanto che Stanislas Wawrinka si è tatuato sull'avambraccio sinistro questa famosa frase di Samuel Beckett:

"Ever tried. Ever failed. 
No matter. 
Try Again. Fail Again. Fail better."

Ogni volta che ci scriviamo a un  torneo o lo vinciamo o abbiamo fallito, ma non importa. La settimana dopo giocheremo di nuovo, falliremo di nuovo ma con l'obiettivo di fallire meglio. Perseverare sempre negli stessi errori e riproporre dinamiche comportamentali che sappiamo a priori essere dannose al nostro tennis non ci porta alcun beneficio, al contrario è sintomo di scarsa ricezione della realtà. Se vogliamo cambiare un tassello del nostro gioco o del nostro essere dobbiamo sapere che subiremo nell'immediato una possibile crisi di risultati e d'identità tennistica, prima di riuscire a concretizzare nel match tali miglioramenti. Qui si esplica il concetto di provare sempre, provare di nuovo.

Quindi provare e fallire sono le due facce della stessa medaglia come amore e separazione, l'una determina l'esistenza dell'altra in un susseguirsi concatenato di causa ed effetto. Qui risiede la bellezza del fallimento come contenitore di emozioni. Quando un amore finisce non porta via con se il pathos vissuto così, al di là del risultato finale, abbiamo l'obbligo di provarci sempre anche solo per vivere il brio indescrivibile generato dall'attesa o dalla speranza.

Accettare di poter fallire come persone ci darà quel quid in più per provarci di nuovo come tennisti. Solo allora capiremo che ogni nostra giocata può trasformarsi in un vincente o in un errore ma soprattutto che, finché lo vorremo, ci sarà sempre un'altra pallina per provarci di nuovo.