giovedì 26 dicembre 2019

Ci si Può Solo Provare


CI SI PUÒ SOLO PROVARE





di Francesca Amidei

Il punteggio è costantemente in bilico. Un solo quindici può determinare una situazione di vantaggio o di svantaggio. E poi ci sono i turning points, i punti di svolta che scombinano l'equilibrio della partita.

Dura la vita del tennista. Attimi in continuo mutamento, vietato distrarsi. Impossibile cadere nel banale errore di considerare chiuso un set, prima di averlo concretamente vinto. Siamo chiamati più volte a dover reagire a un punteggio avverso, e non sempre la voglia di lottare rimane intatta.

Bisogna togliersi dalla testa la parola "controllo", concetto che ossessiona il genere umano. Righe, stecche, rimbalzi fantasiosi, sbalzi di umore, sole, caldo, vento, freddo, avversario sono solo alcune componenti che intervengono durante una partita.

Controllarle? È fuori discussione.
Assecondarle? Sarebbe una follia.
Come affrontarle? Bisogna sviluppare un ottimo problem solving.

Risolvere situazioni diverse, senza farsi travolgere dagli eventi. Come un rebus in cui si aggiungono costantemente nuovi elementi da decifrare. Ci si può solo provare a fondo perduto. Nel senso che produrre il massimo sforzo non è garanzia di vittoria. Ma assicura, in caso di sconfitta, una minore sofferenza dettata dal non aver rimpianti.

Un motivo valido per provarci sempre, è la sensazione unica che ti regala una vittoria in rimonta. Come quando siamo bimbi e la mattina di Natale sotto l'albero, scartiamo il regalo tanto desiderato. Il nostro viso di bambino sprigiona una gioia spontanea e incontrollata che scalcia via la paura di essere stati cattivi.

3/5 e 0-40... Tradotto, tre match point consecutivi a sfavore.

A volte serve anche la fortuna. Tirare a tutto braccio due risposte, per il desiderio di mettere la parola fine all'incontro, e sbiancare due righe. Come se il fato si fosse opposto alla nostra voglia di sciogliere e andare in doccia. Punto combattuto e quaranta pari. Il turning point è servito.

"Posso solo provarci..." è il pensiero che si instilla in loop nella nostra mente. Una sorta di Jingle Bells ripetuto a noi stessi prima di ogni punto. Risultato finale sette/cinque.

Ci si può solo provare ma, a volte, grazie all'instancabile voglia di ribellarsi alla sconfitta... Ci si può anche riuscire.


venerdì 29 novembre 2019

Il Nuovo Eroe della Mitologia Greca


IL NUOVO EROE DELLA MITOLOGIA GRECA




di Francesca Amidei

La mitologia greca comprende una vasta raccolta di racconti, che narrano dettagliatamente le avventure di dei e di eroi. La Grecia moderna è considerata la culla della civiltà occidentale. È infatti la patria della democrazia, della filosofia, della letteratura, dei Giochi olimpici e, in tempi recenti, del tennis.

Stefanos Tsitsipas è un tennista greco, nato ad Atene, che vanta nel suo palmares la vittoria alle ATP Finals 2019, conquistata alla sua prima partecipazione. È un giocatore d'attacco, dal fisico scultorio. Elegante rovescio a una mano, dritto solido con cui disegna il campo, mano delicata e ben educata nel gioco al volo e una prima di servizio potente scagliata dall'alto dei suoi 193 cm.

Tradizione e modernità si fondono in uno sport geloso del suo passato, ma consapevole di poter scrivere nuovi poemi contemporanei che si vanno ad aggiungere ai vecchi classici. I tennisti di tutte le epoche si sono ispirati ai loro predecessori, mettendo in evidenza gli aspetti tradizionali del gioco con la capacità di adattarli al proprio periodo storico.

Il tennista ellenico è arrivato tra i grandi, e l'ha fatto entrando dalla porta principale. È salito alla ribalta nel palcoscenico folcloristico londinese, dove tutto è spettacolo. Il giovane greco (classe 1998), è il simbolo del tennis che cambia. Educato ed elegante nel portamento non disdegna, nei momenti decisivi, di esibire uno spirito battagliero che rievoca una personalità più spartana che ateniese.

I veterani della racchetta, torneo dopo torneo, sono caduti sotto i suoi colpi. È il nuovo che avanza. Gli stadi si tingono di bandiere blu e bianche. Compatrioti e appassionati che, dopo anni di fedeltà rossa crociata, si espongono nell'osannare un nuovo Dio. Le stigmate del giocatore regale ci sono, ma l'eredità da portare sulle spalle, seppur larghe e decorate da cadenti riccioli biondi, parla di venti titoli slam.

E come la storia ci insegna, affinché le sue gesta vengano narrate negli anni avvenire, è fondamentale che si proponga un antagonista. Il duello tra due eroi agli antipodi, è ciò che crea il mito. Il nostro sport si alimenta di rivalità epiche come Borg-McEnroe, Sampras-Agassi e Federer-Nadal in tempi recenti. L'Achille del tennis, quindi, per divenire un eroe leggendario deve trovare il suo alter ego...

I pretendenti a questo ruolo non mancano. Il palcoscenico tennistico mondiale, pullula di talenti dalle variopinte personalità. Il nuovo eroe della mitologia greca, deve solo sperare che si facciano valere sul campo di battaglia. E continuare a migliorarsi per evitare che i suoi avversari, scoprano il tallone del suo gioco. Il punto debole nascosto di ogni persona.


martedì 5 novembre 2019

Il Tempo del Tennista


IL TEMPO DEL TENNISTA





di Francesca Amidei

Biologi e fisici sostengono che il tempo è un concetto che è influenzato dai nostri sensi. In alcuni giorni il tempo sembra volare, in altri sembra trascinarsi stancamente, mentre altre volte sembra fermarsi.

Tutto consiste nel vedere come reagiamo al tempo dopo il rimbalzo della palla. Ci sentiamo spinti a fare in fretta, asfissiati dalla sensazione di essere in ritardo. O sentiamo di avere tempo in abbondanza dal rimbalzo al momento in cui la palla colpirà la nostra racchetta.

È ovvio, e quanto mai scontato, che dipende dalla velocità della palla in arrivo. Ma è altrettanto vero che, da un allenamento all'altro, una palla lanciata alla stessa velocità ci può sembrare, soggettivamente, che viaggi a velocità diverse. Ciò sta a testimoniare, come il nostro tempo tennistico, sia fortemente influenzato dal nostro stato d'animo.

Spesso dipende da come è stata la nostra giornata prima di scendere in campo. Possiamo provare la sensazione di avere tutto il tempo del mondo, prendere un caffè prima di iniziare a giocare o, al contrario, che il tempo ci incalza, ci opprime come se stiamo per essere schiacciati da un cancello automatico che si sta chiudendo.

La società odierna ci fa sentire perennemente in debito di tempo, viviamo in apnea, ci scordiamo di respirare tra un colpo e l'altro fino ad esaurirci. Ci dimentichiamo che il tempo e il respiro muovono i pensieri dai quali proviene l'arte, la poesia o, più semplicemente, l'ispirazione che porta a esprimere noi stessi sotto forma di tennisti. La palla si trasforma magicamente in uno specchio, come nelle favole più classiche, riflettendo il nostro stato emotivo.

Una partita di tennis si svolge a ritmi serrati, ma ci sono due momenti in cui possiamo dettare i nostri tempi. I colpi di inizio gioco, servizio e risposta, danno il "LA" all'azione. In questi istanti prima di partire, dobbiamo aspettare sempre finché non ci sentiamo pronti a giocare il punto. È fondamentale stabilire la nostra presenza sul campo, entrare nel nostro ritmo per evitare che l'avversario riesce a metterci fretta e a spingerci a giocare l'incontro al suo ritmo.

Venticinque secondi tra un punto e l'altro, novanta secondi al cambio campo. Pochi, eppure il più delle volte non li sfruttiamo. Siamo disabituati a pensare, ad ascoltarci per capire cosa proviamo al termine di un punto e prima di un nuovo quindici. Siamo diventati dei riempitori seriali di tempo, poveri supereroi dalle mille azioni quotidiane, capaci di rimpiazzare le emozioni con il fare.

Il tempo del tennista è soggettivo. Descrive la qualità del nostro tempo. Possiamo farci scivolare via inosservato ogni punto, game e set. Oppure essere coscienti di noi stessi, stare con la mente nel match. Illuminare questo istante, questo colpo questa palla per guardarli con occhi apparentemente sempre nuovi.


giovedì 17 ottobre 2019

La Niu Generescion


LA NIU GENERESCION




di Francesca Amidei

La new generation domina e vince il Masters 1000 di Shanghai. I nati tra il ’96 e il ’98 monopolizzano il palcoscenico delle semifinali, dettando le rivalità dei prossimi dieci anni. Prematuro affermare che il tennis ha trovato i nuovi “Big Four visto che le prime tre posizione del ranking Atp sono ancora una questione tra “vecchi”, anche se da italiani romantici ce lo auguriamo.

In particolare vanno sottolineate le due vittorie al terzo set che hanno sancito l’esclusione dei veri big. Forse l’ingresso nell’età adulta di Tsitsipas e Zverev, non scalfiti da un secondo set perso al fotofinish. Rulli compressori nel parziale decisivo, aspettandoli al varco nelle vere maratone Slam….

Medveved ringrazia i suoi colleghi per le imprese compiute, annientandoli in due comodi set per aggiudicarsi la vittoria finale. Non mancherà occasione al russo di mettersi in proprio, completando la sua personale collezione di scalpi prestigiosi. A questi tre moschettieri della racchetta si aggiunge, in punta dei piedi, il tennista romano con la sua prima stagione di rilievo tra i grandi. Risultati da confermare e vertigini da alta quota nella classifica mondiale, con la race che lo vede ottavo lanciato verso le ATP Finals.

Shanghai è stata una lente di ingrandimento sul tennis che verrà. Ma un pensiero amarcord va fatto, se non altro per quei dieci minuti che hanno visto riaccendersi un Roger Federer assai opaco. Il King del tennis si è ribellato a un ko in due set, tirando fuori tre conigli dal cilindro per annullare una sfilza di match point consecutivi, quando ormai il giovane teutonico si apprestava a stringergli la mano.

Era chiaro che lo svizzero non sarebbe uscito vittorioso dal campo. Ma sono proprio quelle sensazioni che abbiamo il terrore di perdere con in cambio generazionale. Rimanere con gli occhi sgranarti incollati allo schermo, scordarci per un breve istante che è un banale pomeriggio infrasettimanale lavorativo, vivere quella manciata di minuti con il cuore in gola e, più di ogni altra cosa, regalarci un sogno. Abbiamo il terrore che la new generation ci porti via la capacità di emozionarci. Che ci renda apatici di fronte allo schermo al plasma che arreda il nostro salone, seguendo con lo sguardo annoiato una pallina vuota che sorvola la rete.

Ma forse è la stessa paura che, in passato, ha accompagnato il ritiro di altri illustri tennisti che hanno abbellito la storia del nostro sport. Smettiamo di paragonare le nuove leve ai campioni levigati e apriamoci al cambiamento. Al fine di guardare, con occhi vergini, il tennis che verrà.

venerdì 16 agosto 2019

Pausa Estiva

PAUSA ESTIVA





di Francesca Amidei

Saturi di tennis. Prosciugate le energie fisiche, che per loro natura sono variabili, ci si affida a quelle mentali. Ma se nelle vita oltre a essere un agonista di un sport altalenante e folle, si è anche lavoratore e padre di famiglia, ecco che pure il serbatoio delle risorse mentali, che dovrebbe tenerci a galla, è in rapido esaurimento.

I professionisti tra Giugno e Settembre si giocano una fetta importante della stagione, quella che vede compressi tre tornei dello Slam e una folta schiera di Masters1000. E dire che faticano non poco a confermare la loro presenza negli appuntamenti che contano, potendo ben vantare fisici da super atleti.

La rovente estate romana non ha certo aiutato i nostri coraggiosi agonisti over, costretti a subire variazioni climatiche non indifferenti. Dalla vitale aria condizionata degli uffici all'esposizione diretta al sole che porta a una rapida perdita di acqua nel corpo e con essa, si può dire addio, alla residua lucidità nascosta.

Le conseguenze sono gravi, ma certo non paragonabili allo scioglimento dei poveri ghiacciai in Groenlandia. Si parla piuttosto di fusti crepati e classifiche in bilico, per quei punti salvezza o promozione, che latitano ad arrivare a fronte della data della partenza per le vacanze sempre più vicina.

Quei giorni di Agosto incastrati in spiaggia sotto l'ombrellone. Tra la settimana enigmistica e un'occhiata furtiva al torneo di Cincinnati e, perchè no, al quel famoso sito che aggiorna in tempo reale i risultati di tutti i tennisti italiani. Difficile pensare di rientrare ed essere subito competitivi, tra aperitivi vista mare e mangiate che si rispettano, la forma di fine Maggio è un lontano ricordo.Ma non c'è di che preoccuparsi, c'è tempo fino a Novembre per racimolare i punti necessari a salvare la stagione.

In realtà la pausa estiva rafforza l'amore che abbiamo per il tennis. La  voglia di giocare è più forte di qualsiasi allenamento. L'emozione ritrovata di stare in campo che, viene a scemare, quando ciò che più ci appassiona diventa semplice routine. Alimentare in noi il desiderio, per poter continuare a esprimere un tennis spumeggiante e mai banale.

Qualche giorno di stacco, un mese forse è esagerato perchè si rischia di andare in sofferenza, ci dona nuova linfa vitale per ottenere al rientro i punti mancanti.

In fondo, non c'è nulla di meglio, che svegliarsi all'alba per fare una folle passeggiata sulla spiaggia. Mentre tutto tace, con gli occhi semiaperti, l'acqua tiepida che sfiora le caviglie e il vento mattutino che scompiglia i capelli. La semplicità di un gesto che, contro ogni logica dettata dalla carenza di sonno, restituisce un'inaspettata energia.

martedì 16 luglio 2019

Roger è il migliore... Nole il più forte


ROGER È IL MIGLIORE... NOLE IL PIÙ FORTE





di Francesca Amidei

È stato un signore, non ha esultato. Un lieve sorriso sul volto per ribadire, silenziosamente, che lui è il numero uno al mondo.

Sembrava scritta la nona sinfonia del Re. Lì nel suo giardino di casa, davanti al suo pubblico, sviolinando il repertorio di un tennis più unico che raro.

Quattro ore e cinquantotto minuti di pura follia. E quel tie break sul 12 pari che ha scollato bruscamente i nostri occhi dallo schermo, mettendo fine ad un'ipnosi idilliaca.

Questo è il tennis. Uno sport le cui statistiche a fine partite ti imbrogliano su chi sia stato il vincitore. Percentuali e numeri fini a se stessi, troppo freddi, per descrivere quanto accaduto sul manto verde circondato da pathos.

5-4... 40/15... e servizio. Si pensa che la storia voglia raccontare del nono sigillo dello svizzero nel tempio del tennis. I titoli dei giornali sono già pronti, con immagini dorate e la scritta eterno Roger. Ma non bastano gli anni anagrafici per avere il coraggio di tirare, lì e ora, un ace, un dritto vincente inside in o un rovescio lungo linea.

In quell'istante, quando la scritta piccolina "championship point" sotto il punteggio è scomparsa, abbiamo pensato non la vince più. Lo svizzero era in giornata di grazia. Piedi sulla riga, lo show del controbalzo, pura perfezione tecnica. Ma da un punto di vista mentale, ha scricchiolato in passato, e ha vacillato anche ieri, quando ormai sembrava già tutto deciso.

Il serbo è una presenza costante che non riesci a sgrullarti di dosso. Non si esalta dopo il 7/6, non si sgretola incassato il 6/1. Sa perfettamente quali sono i punti che deve ottenere, e li vince. In quei quindici non scivola, non stecca ma colpisce con precisione e gambe ferme. Un robot programmato per distruggere.

Alla fine uno alza la coppa e l'altro, fissa il vuoto, con in mano un piatto.

Una finale che verrà ricordata a lungo, seguita da poche parole, pronunciate in un microfono vuoto: "I will try to forget it".

Federer è il migliore... Nole il più forte.

lunedì 10 giugno 2019

Linea di Confine


LINEA DI CONFINE





di Francesca Amidei

La scelta porta alla crisi. La crisi mette tutto in discussione. I pensieri scorrono veloci, accavallandosi nella mente. La risposta non è vincere e neppure perdere, entrambe risultano giuste ed errate allo stesso tempo.

C'è un'era per essere folli ed egoisti. E un momento per affidarsi alla ragione. Colpi estemporanei lasciano spazio a quadri tattici precisi, giusti, che portano punti a ripetizione. Un gioco ordinato, sintomatico di un' intelligenza tennistica acquisita nel tempo.

Il passaggio da un mood all'altro è il risultato di una trasposizione  interna, come l'adattamento di un'opera per adeguarla a una forma espressiva diversa. Rielaboriamo il nostro tennis secondo canoni più redditizi, un gioco economicamente vantaggioso che non ci lascia esprimere liberamente.

Questa è la linea di confine. Il nostro momento zero, staccarci da un passato che ci appartiene ma che ora risulta stretto, verso un futuro di cambiamento e concretezza. Una presa di coscienza del nostro reale valore sul campo che aspetta solo, di essere certificato dai fatti.

La prestazione sovrasta prepotentemente il binomio vittoria/sconfitta, oramai troppo banale per essere considerato come parametro di realizzazione personale. Giocatore, in fondo, significa essere in grado di esprimere il proprio massimo in ogni specifica partita.

Questa è la chiave di una raggiunta stabilità che ci porta a ottimizzare il nostro rendimento odierno, lasciandoci scivolare addosso quel senso di impotenza per un tennis meno esplosivo. E in questo frangente torna utile la frase ripetuta, in diversi idiomi, dai coach di tutto il mondo:


"Prima l'uomo, poi il tennista."


Infatti in campo, per quanto può risultare banale, non scende il giocatore ma la persona. Quell'uomo che, attraverso l'esperienza accumulata barcamenandosi tra successi e sconfitte, ha imparato a scegliere superando i momenti di crisi. 


mercoledì 27 febbraio 2019

Da Zero a Cento


DA ZERO A CENTO




di Francesca Amidei

Novantanove variabili imprevedibili. Il tennis è una jungla di esecuzioni tecniche, stati d'animo, imprevisti da affrontare che richiedono un'eccellente prontezza di reazione.

Da 0 a 100 in 2,5 secondi, come l'auto più veloce sul mercato. La capacità di raggiungere grandi velocità in poco tempo ovvero di innalzare i giri del nostro gioco quando il battito cardiaco sale, senza perdere il punto di corda della curva. 

Questa è la sottile ma essenziale differenza, tra l'appassionato e l'agonista.
Però bisogna andare per gradi. Nel senso che non possiamo passare dal guidare una macchinetta a una Ferrari, senza aver fatto degli step intermedi. È un lungo ma straordinario processo di apprendimento, che ci porterà in primis a sfidare noi stessi e, solo in seguito, l'avversario di turno.

Il primo passaggio è dal tennis sociale a quello amatoriale. Il socio è colui che ogni fine settimana si esibisce in partite epocali, contro lo stesso partner, a un orario predefinito e sempre nello stesso habitat. Una sorta di routine domenicale, che si sposa alla perfezione con la vita schedulata di questa società. Ma il tennis è tutt'altro che uno sport banale e chi si innamora di lui, scavallerà al secondo step, provando il brivido di competere altrove.

Il tennis amatoriale ti costringe ad uscire dal nido, con una successione di match dai punteggi abbreviati, in orari casuali che richiedono una disponibilità variabile. E qui possiamo cominciare a parlare di gioco e di situazioni. Iniziare a capire che rapporto abbiamo con la tensione, con la paura e la gestione della partita. Se riusciamo nei punti clou a passare da zero a cinquanta, il cento è riservato ai giocatori, cioè sbagliare poco o azzardare un colpo vincente. Tradotto vuol dire fare la differenza quando ci si gioca qualcosa di importante tipo un game o un set, e non un anonimo quindici.

Arriviamo così alla jungla del tennis, l'agonismo. Qui bisogna essere sensibili e capire quale è il momento giusto per spingere sull'acceleratore per allungare, in termini di game, sull'avversario. Però facciamo un attimo un passo indietro. La prima qualità che deve possedere un giocatore è stabilizzare il proprio livello di gioco. Al di là del momento di flow, esperienza ottimale, bisogna assestarsi ad un livello di tennis sotto il quale non si scende, anche nelle giornate storte, una sorta di sei scolastico su cui fare sempre affidamento.

Acquisito questo aspetto, per diventare un Giocatore con la "G" maiuscola, bisogna saper mettere a segno i colpi migliori nei punti decisivi. Da zero a cento in due virgola cinque secondi. Per cogliere l'attimo e convertire a nostro favore una rara palla break, per tenere il servizio o concretizzare un match point.

E per ironia della sorte, uno dei modi più efficace per allenare la mente a giocare sotto pressione, si chiama proprio FORMULA UNO.


Il formula uno è un format ideato da un maestro nostrano. Ci si gioca tutto su un set, margine di errore minimo. In palio la lezione gratis se l'allievo riesce a strappare un game. Non sono ammesse distrazioni. E quando ci si trova sul 40 pari o peggio palla game per l'altro, bisogna schiacciare sull'acceleratore e affrontare la curva...


Da zero a cento. Un duplice significato che racchiude l'essenza del tennis. Una miscela di variabili impreviste da affrontare in ogni singolo match, che ci scardinano dal piattume quotidiano. E un battito di ciglia per raggiungere la massima prestazione, qui e ora, senza passato o futuro.


giovedì 31 gennaio 2019

Il Tennista in Gabbia


IL TENNISTA IN GABBIA




di Francesca Amidei

Stravolgere l'habitat naturale. In apparenza la sostanza rimane uguale ma poi si scopre che il mulinello nella bandeja non esiste, che aperture e finali meglio non farli e soprattutto che il pallonetto è un colpo offensivo...

Una vita in topspin

Passiamo vent'anni della nostra vita tennistica a produrre e subire colpi in topspin. A girare sempre più l'impugnatura di dritto per regalare alla palla maggiore complessità, con lo scopo, di alterare il punto di impatto dei nostri avversari. Poi arriva il padel. E come per incanto il famoso topspin ci si rivolta contro perché la palla, con questa rotazione, esce alta da parete e può essere facilmente attaccata.
Ci ritroviamo in balia del nostro colpo migliore.

Il gioco di sponda

Per noi tennisti quando la palla ti passa ci sono tre opzioni plausibili: sperare che esca, battere le mani all'avversario o molestare la racchetta. Girarsi e giocare di sponda, del tutto innaturale. E la doppia parete più difficile da capire del teorema di Pitagora, come giocare a Slam ball, il basket con i trampolini. Lasciar passare la palla, un mantra imprescindibile per smettere di giocare a tennis in un campo omologato per un nuovo sport noto come padel.

L’alter ego

Capire noi stessi è impresa assai ardua. Comprendere le idee altrui richiede poteri sovrannaturali. Nel tennis si dice che giochiamo contro due persone contemporaneamente, noi stessi e l'avversario. A conti fatti significa che nel padel siamo uno contro quattro, un miracolo uscirne vittoriosi. Bisogna trovare un partner, socio per l'esattezza, che ci completi tecnicamente ma anche in grado di comprendere la nostra personale follia. Una sintonia da affinare con il tempo così come accettare, che l'esito del match, questa volta non dipende solo da noi.  Dividiamo la  responsabilità di una vittoria o di una sconfitta con la persona che occupa la nostra stessa metà campo.
In breve il nostro alter ego.

Questione di centimetri

Ventidue virgola cinque centimetri in meno. Tradotto significa ridimensionare la distanza e l'impatto sulla palla. Nulla di impossibile, ovvio, ma quanto ci farebbe piacere a noi tennisti avere un pezzo in più di "padella" nei colpi sopra la testa. Trovare il giusto timing sulla palla, così da fondere la propria tecnica tennistica ai colpi tipici del padel. Infondo, è solo una questione di centimetri.


Quindi la difficoltà sta nell'uscire dal campo da tennis per catapultarsi in quello da padel, come un pesce che passa dalle acque libere alla boccia. Il padel non inquina il nostro tennis ma si trascina appresso le sue scorie, con l'esecuzione di gesti tecnici impeccabili ma non produttivi. Diventare padellari in un lento processo di riadattamento tecnico/tattico abbandonando, quei cavalli di battaglia, come il dritto anomalo che era alla base del nostro tennis.

Uscire dalla gabbia significa mettersi realmente in gioco in un nuovo sport, senza più nascondersi dietro quel braccio ben educato. Aprire la mente a colpi, schemi e situazioni emozionali ad un primo approccio simili ma diverse nel profondo. Mettere da parte credi tennistici della serie "chi picchia per primo picchia due volte" e armarsi di sana pazienza, all'insegna di punti infiniti che ci porteranno a ricominciare lo scambio fino alla nausea.

Il tennis è stato il nostro primo amore ma, come nella vita, non è detto che debba essere anche l'ultimo...